Dalla depressione al cambiamento

Sono in crisi: rottura e cambiamento

By: Dott. Gabriele Ramonda - Psicologo Psicoterapeuta | 20 Ago 2017

“Non c’è presa di coscienza senza dolore”
Carl Gustav Jung

Crisi…Un momento di lunga e profonda tristezza, di ansia, paura o di insopportabile stallo che segnala quasi sempre che qualcosa si sta muovendo dentro di noi, qualcosa che agisce sul nostro umore, sulle nostre energie, sulle giornate che viviamo. Si ha la sensazione che le cose non vadano più come prima, come stesse per rompersi un equilibrio. Sono indizi confusi di ciò che sta succedendo che ci fanno pensare all’inizio di un momento critico.

Una crisi può in questi casi essere letta come una fase di rottura, un passaggio doloroso tra un momento della nostra vita ed un altro. Sappiamo però che tutto tende ad opporsi al cambiamento, pensate alla vita di tutti i giorni, alle abitudini, o addirittura alla fisica: qualsiasi oggetto ha bisogno di energia e fatica per mettersi in moto, per muoversi, qualsiasi corpo possiede un inerzia che richiede sforzo per essere sconfitta. Allo stesso modo qualsiasi cambiamento interno e profondo porta con sé fatica e dolore. Le cose che ci abitano, cosi come gli oggetti fisici, hanno un inerzia, che rende faticoso muoverle.

Fatica e dolore sembrano passaggi imprescindibili per avviare un cambiamento profondo.

Il cambiamento implica una incursione nell’ignoto; significa impegnarsi in vicende future non prevedibili e affrontarne le conseguenze. Ciò provoca inevitabilmente sentimenti di ansia e tristezza, stimola la tendenza ad aggrapparsi a ciò che è noto e famigliare. L’individuo è portato a ripetere, onde evitare paurose novità.

La natura di una crisi

Immobilità e cambiamento trasformano un momento di crisi in un essere a doppia faccia: da un lato buio, dolore e fatica, dall’altro la promessa del nuovo e della luce. La prima faccia inizialmente invade e ricopre tutto, la seconda si mostra solamente dopo. Quando abbiamo accettato il buio, l’ansia dell’ignoto e la fatica dell’attesa,  solo allora la crisi potrà iniziare a comunicarci qualcosa (vedi l’articolo: Depressione: vincerla o attraversarla?). Come in un parto generatore del nuovo: si susseguono ansia – fatica – dolore – nascita di una nuova vita. Per questo il primo passo nel superamento di una crisi passa attraverso l’accettazione e l’elaborazione dello stato in cui ci troviamo.

E’ sicuramente un momento che è arrivato per dirci qualcosa riguardo alla nostra vita – se ne andrà una volta che avremo recepito ed accolto il suo messaggio. Probabilmente insisterà finche non porremo orecchio a quello che ci vuole dire con la sua ansia, irritazione, tristezza. Solo dopo questo percorso di ascolto e comprensione le cose inizieranno a chiarirsi e si potrà aprire lentamente la porta al nuovo.. Non sempre infatti il messaggio arriva in modo lineare ed immediatamente comprensibile, a volte (come in un romanzo) nasconde altri messaggi minori, altri capitoli che come lui reclamano attenzione e che potranno portare a nuove aperture e riflessioni.

Cosa succede dunque nei momenti di crisi più profonda?

“Di fronte ai cambiamenti l’individuo reagisce non solo con angoscia per la nuova situazione, ma anche con sentimenti depressivi, dato che cambiare significa perdere precedenti rapporti o situazioni e anche perdere aspetti del proprio Sè”

Grinberg

Spesso succede che crolli qualcosa, che rumorosamente vada in pezzi: una corazza portata per anni, uno specchio in cui ci siamo guardati da tempo, un’immagine di noi che ci aveva stregato e rapito. Il crollo ci lascia nudi, senza difese, confusi ed inermi come bambini. E come bambini soli siamo terrorizzati. La nostra identità e le vecchie solide sicurezze vacillano. Lì, in quel preciso istante, lo sguardo tende a restringersi, schiacciato dal dolore e dalla paura. Finché abbiamo l’impressione di non scorgere più alcuna via d’uscita. Si vedono solamente i cocci di ciò che è andato perduto, ma risulta quasi impossibile notare lo spazio che si è liberato. Il nuovo può entrare solo se c’è lo spazio per accoglierlo. Ma crearlo costa fatica e dolore. Ed a volte non può essere fatto da soli.

Dice Grinberg: “Può cosi capirsi la ragione per cui alcune persone paradossalmente non possono tollerare cambiamenti che significano progresso, perchè comportano contemporaneamente il rischio di vedere alterato, in qualche misura, un se ben noto (identità) a favore di un altro Sè, magari migliore, ma diverso.”

La paura del nuovo rischia di immobilizzarci e costringerci a ripetere all’infinito ciò che già conosciamo, frustrandoci ed esaurendoci.

I lati positivi di un momento così lacerante e complesso

Cosa se ne va? Cosa resta?

E’ difficile rispondere in modo chiaro a questa domanda. Sicuramente in un momento di crisi ciò che si rompe e viene spazzato via è costituito da ciò che non poteva più funzionare e che ostinatamente, fino all’ultimo, abbiamo continuato ad utilizzare e supportare perchè così eravamo abituati a fare. Il lavoro di analisi e riordino di cio che rimane è spesso lungo e complesso. Ogni pezzettino va osservato, annusato e valutato, per comprendere se, come e dove si inserirà nel nostro futuro. Le nuove parti di noi, una volta creato lo spazio e le condizioni di crescita non appaiono immediatamente, ma si evolvono proprio come delle piante, degli esseri viventi. Esse hanno bisogno di tempo, cura e buone condizioni per svilupparsi e portare i loro frutti. Benchè difficile e faticoso questo sembra essere uno dei pochi modi per ottenere un cambiamento reale, solido e duraturo.

 

Bibliografia:

Leon e Rebeca Grinberg, Identità e cambiamento, Armando Editore 1976.

 

Write a comment