La trappola del passato

Intrappolati nel passato

By: Dott. Gabriele Ramonda - Psicologo Psicoterapeuta | 12 Nov 2017

Quando il passato diventa una gabbia

Succede a volte di rimanere incastrati in qualcosa che è ormai passato. Può essere il ricordo di una storia d’amore, di un caro o di ciò che siamo stati. Magari è il ricordo di un momento della vita in cui eravamo particolarmente sereni, soddisfatti, innamorati, in sintonia con noi stessi. Un periodo passato, ma che conserviamo gelosamente nella nostra testa e che regolarmente andiamo a visitare, come se fosse un mausoleo. Entriamo, prendiamo un po’ di energia, stiamo meglio e ne usciamo soddisfatti. Fin qui nulla di male, i ricordi possono nutrire ed aiutare ad affrontare la vita.

Le difficoltà possono iniziare quando l’immagine, il ricordo, ci rapisce, senza permetterci di procedere oltre. Ci consoliamo in continuazione con quello che è stato, senza poter impiegare le nostre energie in altro.

Come se fossimo innamorati del passato e non potessimo più innamorarci di null’altro, diveniamo vittime di un incantesimo creato da noi stessi. Il mausoleo, anziché essere il frutto di un ricordo diviene la stanza presente che ci intrappola. Questa dinamica (che può anche essere piacevole e rassicurante) rischia di bloccarci, impedire il nostro sviluppo interiore, portare la nostra vita in un punto morto. A quel punto, quando la vita inizia a scalciare per ribellarsi (succede sempre, siamo costretti ad evolverci continuamente, non è questione di scelte) possono comparire ansia, smarrimento, insofferenza, rabbia.

Come gli animali in gabbia che diventano rabbiosi e lentamente deperiscono non riusciamo ad uscire e nemmeno a calmarci. Qualcosa non va, ma non abbiamo le chiavi per comprenderlo.

Che succede?

Succede che siamo bloccati, che i nostri occhi hanno smesso di guardare al presente e al futuro e sono perennemente girati all’indietro. Non in un ricordare qualcosa che è passato, ma nel vivere intrappolati in un’immagine che vorremmo tornasse e ci facesse sentire come allora. La rimpiangiamo, ci adagiamo su di essa come se potesse salvarci dal futuro che incombe. Ci chiediamo: “Come posso star male ricordando delle cose così piacevoli?”.

Sono dolci, gradevoli, ma in grandi dosi divengono velenose.

Cosa fare?

Il passaggio più difficile è il trasformare il ricordo da qualcosa a cui siamo strenuamente aggrappati, che ci sostiene e che ci calma, in qualcosa a cui guardare con affetto, ma che è andato. Vuol dire abbandonare una parte di noi a cui eravamo fortemente affezionati, legati visceralmente, per poter lasciare spazio a qualcosa che ancora si sta formando. Come in un fisiologico ritmo di morte e rinascita, esiste un momento in cui non abbiamo più il passato, ed il futuro ancora non è chiaro. Abbandonare l’immagine di noi che è stata è spaventoso. Ma è inevitabile per potersi evolvere.

Intrappolati nel passato – Dott. Gabriele Ramonda – Psicologo a Chieri e a Torino: mi occupo del sostegno psicologico e della cura in casi di ansia, depressioni, panico.

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